Si fa un gran parlare di meritocrazia e, si sa, il nostro paese non è un modello di limpidezza in questo senso. Ma ci sono sforzi concreti che vanno segnalati, e l’ultima proposta di riforma degli appalti pubblici ne è un esempio degno di nota e attenzione. I cardini della riforma, al vaglio del Senato proprio in questi giorni, sono infatti per certi versi rivoluzionari: premiare le imprese che rispettano i tempi di consegna, scoraggiare le varianti, semplificare le norme sui contratti pubblici. Tre promesse che, se fossero mantenute nella sostanza, significherebbero davvero una svolta per il nostro settore.
Si parte dal numero degli articoli: il nuovo codice dovrebbe averne 250 contro gli attuali 650. Si passa poi ai criteri di valutazione delle imprese, che non si limiteranno più ai requisiti formali – fatturato, numero addetti… – ma considererà il livello di qualità offerto negli appalti precedenti, prendendo in esame i tempi di consegna e gli eventuali contenziosi con i committenti. Stop a rallentamenti e varianti, dunque, e largo alle imprese capaci di far bene il proprio lavoro. Almeno nelle intenzioni, anche se la nuova legge offre strumenti concreti a sostegno di questo ambizioso obiettivo. Come ad esempio il debat public, sistema di concertazione nato in Francia con cui le comunità locali sono coinvolte nel progetto delle opere strategiche e non solo nella loro attuazione. O il cosiddetto divieto di overdesign, in base al quale eventuali aggiunte o varianti al progetto devono necessariamente essere valutate in base alla loro effettiva necessità ed efficacia, al loro impatto economico e alle conseguenze sui tempi di realizzazione.
Sarà l’Anac, Autorità Nazionale Anticorruzione, a valutare i requisiti e le caratteristiche delle stazioni appaltanti, assegnando i contratti più complessi solo a quelle con oggettive qualifiche. L’Anticorruzione svolgerà naturalmente anche tutte le attività di vigilanza e prevenzione del caso.
La riforma prevede poi un incentivo concreto alla partecipazione di capitali privati negli appalti, nonché alla valorizzazione delle esigenze sociali e ambientali di ciascun territorio: si favoriranno ad esempio le imprese che rispettano il principio della filiera corta.
Ultimo aspetto, gli appalti integrati saranno limitati, dando più spazio all’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta più vantaggiosa.
Nel suo complesso, il disegno di riforma riconfigura perciò in modo sostanziale tutto lo scenario ed è un’opportunità reale per fare davvero un passo avanti. Tutto il comparto edilizio segue con grande attenzione l’iter della legge, e tutti noi speriamo ci siano sviluppi in tempi brevi.