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Immaginate che tutti gli abitanti di Parigi, uno dopo l’altro, passino da una porta chiusa con un maniglione antipanico. Ognuno di loro spinge, la porta si apre, quindi si richiude dietro di lui e cosi via, due milioni di volte. Ora immaginate che alla fine di tutto (ci vorrà più di un mese…) tutto si chiuda ancora perfettamente come al primo passaggio. Per una cosa così, non c’è dubbio, ci vuole un maniglione da record. Come Brunelleschi, che nei giorni scorsi ha superato la prova dei 2.000.000 di cicli ufficialmente certificati nei laboratori del Cetim, lo stesso ente francese che esegue anche le prove per la marcatura CE da parte di Afnor Certification.
Brunelleschi raggiunge dunque i suoi compagni di catalogo Juvarra, Bernini e Cellini in questo esclusivo “club dei 2 milioni”: Savio è stata la prima ad avere prodotti testati e certificati per un numero così alto di cicli, e ancor oggi i suoi maniglioni sono tra i pochi che possono vantare performance simili. Per avere un’idea di quanto accade mediamente nel mercato, basta ricordare che secondo la normativa EN1125:2008, la marcatura CE – il sigillo necessario per mettere in commercio i prodotti nei paesi europei – richiede che un maniglione antipanico sia testato su una durabilità di almeno 100.000 cicli, con un massimo contemplato di 200.000 cicli.
2 milioni sono dunque ben 10 volte il più severo dei requisiti oggi in vigore, ma questo numero non è un traguardo scelto a caso. Nasce infatti alcuni anni fa, quando l’ufficio tecnico dell’Università di Lione dovette creare un capitolato per le porte degli ingressi di un edificio scolastico frequentato da migliaia di studenti ogni giorno. Fatti conti e rilievi, ne emerse che si aveva a che fare con un numero impressionante di aperture e chiusure, e il responsabile tecnico decise che le porte da installare avrebbero dovuto garantire piena efficienza per 2 milioni di cicli. Fra gli accessori previsti c’erano naturalmente anche i maniglioni antipanico: la sfida arrivò alle orecchie dei commerciali Savio, che decisero di raccoglierla coinvolgendo i laboratori della sede di Chiusa San Michele. Fu così che, dopo gli esiti positivi dei test interni, durati alcuni mesi, si decise di passare alla certificazione ufficiale del modello Bernini, il primo al mondo a superare un limite così alto.