Respirare aria inquinata fa male al cuore, non solo ai nostri polmoni: sul British Medical Journal sono stati pubblicati i risultati di uno studio internazionale che, per l’Italia, ha coinvolto le città di Torino e Roma. Le emissioni delle auto, delle industrie e l’inquinamento dovuto agli impianti di riscaldamento fanno aumentare del 12% il rischio di infarto e di scompensi cardiaci. Lo studio, che ha esaminato più di 100 mila cittadini in Europa, di cui 14 mila in Italia, stima che a ogni aumento di 10 microgrammi/m3 nella media annuale di esposizione a particolato (vedi il nostro post) corrisponde un incremento del 12% di rischio d’infarto: una percentuale sorprendentemente alta e allarmante.
Questi risultati sono frutto di un’indagine particolarmente lunga e accurata. Tutti i soggetti coinvolti sono stati monitorati per 12 anni con il supporto di importanti strutture mediche: a Roma ha collaborato il Dipartimento di Epidemiologia del Lazio, a Torino l’ospedale Molinette. Tutti i dati dimostrano come il particolato sa l’inquinante più dannoso per il sistema cardiaco, anche a concentrazioni inferiori rispetto ai limiti oggi consentiti dall’Unione Europea. In ogni caso, quasi il 90% della popolazione mondiale vive in luoghi in cui questi limiti sono ampiamente superati, e ciò la dice lunga sulla centralità del problema “qualità dell’aria”.
Come abbiamo già visto nei post precedenti dedicati alla qualità dell’aria, serve un drastico cambio di visione per invertire la tendenza: fino ad allora, se viviamo in in città possiamo difenderci mettendo in pratica azioni tattiche, evitando ad esempio le aree più inquinate nelle ore di punta, ma soprattutto creando un ambiente sano e protetto nelle abitazioni e negli uffici, ossia nei luoghi in cui passiamo la maggior parte del tempo.
La rubrica sulla qualità dell’aria da pochi mesi si è spostata su un blog tutto suo: AirSharing.