Con il passaggio della ritenuta d’acconto dal 4% all’8% nei bonus ristrutturazioni, il 1 gennaio 2015, molte associazioni di categoria avevano evidenziato come questo aggravio fiscale fosse un colpo non da poco alla liquidità dei produttori di serramenti, chiamati di fatto a rinunciare in partenza a una parte degli introiti. A questo danno, ormai metabolizzato a malincuore dai produttori, si aggiunge però anche la fatidica beffa. Sono infatti moltissime le imprese del settore che, non avendo sede sociale in Italia e neppure un conto corrente d’appoggio sul nostro territorio, eludono di fatto il pagamento della ritenuta. Lo ha rimarcato in questi giorni Unicmi – Unione Nazionale Industrie delle Costruzioni Metalliche dell’Involucro e dei serramenti – con una lettera ufficiale al Viceministro dell’Economia e Finanze Luigi Casero. Unicmi chiede al Ministero e all’Agenzia delle Entrate di approfondire la situazione e porre rimedio a una disparità fiscale che avvantaggia chiaramente gli operatori stranieri, creando concorrenza sleale. Nella lettera a firma del direttore generale Pietro Gimelli – scarica qui il pdf – si chiede con fermezza l’equiparazione dei doveri fiscali di tutti i soggetti, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla presenza di una banca italiana di appoggio, oppure l’esclusione dalle detrazioni dei prodotti commercializzati da soggetti che eludono il pagamento della ritenuta.
Come funziona la ritenuta
Secondo la legge, la ritenuta dell’8% è applicata sui bonifici effettuati dai clienti finali alle banche o a Poste Italiane per il pagamento delle spese e degli interventi di ristrutturazione edilizia e di quelli sul risparmio energetico. È di fatto un prelievo “alla fonte” con cui lo Stato si assicura in anticipo un’entrata fiscale. A occuparsi di tutto sono le banche, che applicano l’aliquota e rilasciano ai contribuenti – in questo caso i serramentisti – la documentazione da utilizzare per la dichiarazione dei redditi.