In un classico del pop di fine anni ’70, un ragazzo con grandi occhiali tondi cantava “Video killed the radio star”, profetizzando che la TV avrebbe fatto scomparire definitivamente la radio. Come sappiamo, nulla di tutto ciò è successo. Anzi, la cara vecchia scatola con le antenne è più viva che mai e ha saputo evolversi, trasformarsi, plasmare i suoi pregi in funzione di nuove necessità.
Tutto ciò per dire che la tecnologia corre sempre veloce, oggi molto più che negli anni ’70, ma non è affatto detto che gli strumenti di ieri vengano per forza “uccisi” dagli ultimi arrivati.
Prendiamo ad esempio l’e-mail: fra social network, sistemi di messaggistica istantanea e nuove App mobili, la posta elettronica potrebbe sembrare uno strumento ormai superato, o comunque non adatto alle regole del “web 2.0”. La terza edizione di Email Marketing Statistics, osservatorio sull’email marketing promosso da MailUp, ci rivela invece che la posta elettronica gode di ottima salute. Certo, i suoi punti di forza sono cambiati con il tempo, ma la sua dote principale è a quanto pare intatta e attualissima: l’e-mail è uno strumento perfetto in un mercato che richiede un contatto personale e professionale con ciascun cliente, acquisito o potenziale che sia.
Le analisi di MailUp si basano su un bacino di 12 miliardi di messaggi annuali, un campione vasto e prezioso di conversazioni da cui è possibile trarre indicazioni attendibili sulle tendenze e le strategie marketing che coinvolgono la posta elettronica. I dati raccolti dipingono uno scenario maturo e strutturato, ma con molti margini di miglioramento: gli strumenti di e-mail marketing come newsletter e DEM (proposte commerciali dirette via e-mail) sono certamente cresciuti, ma manca ancora un vero salto di qualità da parte di chi le utilizza. In pochi tengono conto, ad esempio, che oggi la maggior parte delle e-mail è letta fuori ufficio su smartphone o tablet, e che dunque i contenuti (anche quelli grafici) vanno pensati in tal senso. Dal punto di vista strategico emerge poi un dato intuibile quanto fondamentale: i contenuti più efficaci sono quelli che contengono una chiara spinta ad agire, cioè a prendere contatto, inoltrare, rispondere o condividere l’e-mail sui social network. Proprio Facebook, Twitter, Linkedin e le altre community online sono una chiave preziosissima per dare alle e-mail quella spinta virale che può far decollare una campagna promozionale: inserire i link alle pagine o ai profili social di un’iniziativa o di un marchio aumenta notevolmente l’efficacia dei messaggi che lo riguardano.
Ma il vero lavoro di chi realizza una campagna di e-mail marketing sta prima di cliccare il tasto “invia”. Il coinvolgimento dei destinatari è frutto di un’attenta analisi capace di suddividerli – in linguaggio marketing si dice “segmentarli” – a seconda di chi sono, che cosa fanno, quali sono i loro interessi e capacità di spesa. In strumenti come le DEM commerciali, parlare a utenti specifici, selezionati e omogenei è un fattore assolutamente decisivo per la buona riuscita di un’azione, perché è importante fare in modo che le nostre e-mail non siano semplicemente aperte e lette, ma addirittura attese.
Anche dopo una buona profilazione, però, i clienti non sono certo tutti uguali. La ricerca evidenzia ad esempio differenze sensibili a seconda delle aree geografiche: gli utenti più reattivi ai messaggi via e-mail sono i polacchi, i portoghesi, i nigerini e i giapponesi, mentre in Europa si distinguono italiani e inglesi. Certo, una mancata risposta non significa necessariamente una scarsa propensione ad agire, ma può dipendere ad esempio da un messaggio poco interessante o che non richiede necessariamente un’azione di risposta. Le nazioni in cui gli utenti sono più attivi, dunque, sono con tutta probabilità anche quelle in cui le e-mail sono utilizzate meglio.